Purtroppo, é stato bocciato l'emendamento presentato al decreto milleproroghe dal gruppo Pd della Commissione Cultura per attuare anche per quest'anno la proroga dell'anno accademico e, così, aiutare tanti studenti universitari che, nelle scorse settimane, avevano rivolto un appello unitario a tutte le forze politiche. Negli ultimi tre anni, infatti, é stato prorogato l'anno accademico di fronte alle evidenti difficoltà riconosciute agli studenti durante la crisi Covid, ma i ragazzi iscritti in quegli anni, e che quindi hanno subito le conseguenze della crisi sociale ed economica, non hanno ancora completato il proprio percorso accademico. Sarebbe stato importante approvare l'emendamento che faceva proprie le ragioni di chi, iscritto nell'anno accademico 2020/21 a una triennale o a chi frequenta corsi di laurea a ciclo unico, non ha ancora potuto beneficiare della proroga negli scorsi anni, ottenendo uno slittamento in avanti dell'anno accademico. Una misura di sostegno agli studenti, opportuna e necessaria che era stata già oggetto nello scorso dicembre di una mozione approvata all'unanimità all'interno Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. Il governo colpisce l'università e ancora una volta non mostra attenzione nei confronti di migliaia di ragazzi. Sarebbe importante che il governo tornasse sui suoi passi".
Arriva in Commissione il progetto di riforma del voto in condotta più volte annunciato dal ministro Valditara. Si tratta dell’ennesimo provvedimento nato sull’onda emotiva di un fatto di cronaca, privo di qualsiasi strategia pedagogica e che diventerà legge quando il fatto di cronaca sarà stato dimenticato. La strategia è semplice: ci sono episodi di violenza nella scuola, bisogna allora punire di più e chi non è d’accordo sottovaluta la violenza, è lassista e “sessantottino”. Copione purtroppo già tristemente visto. Noi non sottovalutiamo la violenza nella scuola. Anzi. La riteniamo grave e preoccupante. Sempre. E ancora più quando si manifesta all’interno della comunità scolastica perchè va a incidere su un bene prezioso: il benessere e la serenità di quella comunità. Ci pare, però, che siano provvedimenti come questi a sottovalutarla non fornendo le giuste risposte. C’è un’emergenza culturale che si manifesta anche nella scuola in modo forte. Lo dimostrano anche episodi gravi come quelli avvenuti in questi giorni e che hanno coinvolto studenti, docenti, famiglie. A cui però si sceglie di rispondere con la sanzione e la punizione. Mentre l’obiettivo dovrebbe essere, oltre alla sanzione, sviluppare una cittadinanza attiva e solidale, facendo crescere nei giovani il valore e il rispetto dell’altro; la responsabilità civile ed etica, assegnando al voto e alla sanzione un valore formativo finalizzato al cambiamento in nome del senso repubblicano e democratico di una scuola per tuttə, a beneficio anche di chi nasce e cresce in un ambiente difficile, a chi ha meno mezzi economici o culturali, a chi sta affrontando difficoltà magari anche molto serie. Per fare questo la scuola ha bisogno di risorse. Economiche ed umane. Ha bisogno di riqualificare la figura sociale dell’insegnante. Anche attraverso una rivalutazione del suo riconoscimento economico. Attraverso attività di formazione iniziale e aggiornamento continuo e gratuite che affinino gli strumenti per intervenire e interpretare le mutevoli situazioni. Per mettere in campo una didattica nuova. E attraverso un coinvolgimento della società, dell’intera comunità educante. Serve una scuola rinnovata e rinforzata. E una riflessione complessiva. Serve ripensare il tempo scuola in un tempo lungo che organizzi anche le attività pomeridiane dei ragazzi e delle ragazze e dia spazi e strumenti di socialità che promuovano lo stare insieme e sulla relazione. Servirebbe decidere che questa è una priorità comune. Invece il dibattito si concentra sulla volontà di ripristinare il voto numerico al posto della valutazione anche alla secondaria di primo grado e addirittura alla scuola primaria. Come se in questo modo si rendesse più efficace il processo di maturazione e crescita degli studenti. Si rende ancora più burocratico il meccanismo di giudizio e valutazione anziché valorizzare le procedure già in essere all’interno delle istituzioni scolastiche e la loro autonomia. Si cambia lo statuto degli studenti e delle studentesse dimenticando volutamente di coinvolgere i suoi protagonisti, tappa imprescindibile per ogni buona ed efficace riforma. Ma rispondiamo all’urgenza della cronaca, pazienza se per farlo mettiamo in piedi un sistema che rischia di liberarci di chi ha più difficoltà. Eppure se la scuola non si cura di tutti i soggetti, restando indifferente alle diseguaglianze, i più fragili rafforzeranno il loro individualismo, preoccupandosi solo dei propri interessi anche fuori dalle regole comuni. E allora sarebbe necessario intervenire più e meglio sulle condizioni pedagogiche e strutturali del fare scuola. Si dovrebbe valorizzare il patto di corresponsabilità tra scuola e famiglia, rendendolo una elaborazione sempre più partecipata e collettiva per ricostruire il dialogo necessario tra scuola, studenti, genitori e rifondare la fiducia nella scuola. Si dovrebbe operare per costruire progetti di comunità educante. Siamo ancora in tempo per fare il nostro dovere di politici e educatori. Lasciamo da parte la propaganda e lavoriamo insieme per le generazioni di domani.
La mia replica all’attacco violento del sottosegretario. «La vendetta è volgare come il rancore». Grazie ai tantissimi che mi hanno espresso solidarietà. Non entrerò nel personale, come invece fa il sottosegretario Sgarbi. Credo che la Politica sia altra cosa dalla polemica e dall’insulto. Piuttosto desidero spiegare le ragioni della mozione di sfiducia presentata nei confronti del sottosegretario Sgarbi. Un atto parlamentare che pare lui abbia vissuto come un’offesa di lesa maestà. Il tono volgare, per non dire velatamente minaccioso di Sgarbi, è la reazione a questa mozione che abbiamo depositato insieme ai deputati del Pd, del M5s e di AVS. Avrei discusso volentieri con lui in Parlamento, ma non è stato possibile: gli imbarazzi nel governo - quelli di Meloni e Sangiuliano - non permettono più al sottosegretario di fare ingresso nelle aule parlamentari. E infatti Sgarbi non era presente al dibattito alla Camera! Come  lui stesso ha ricordato in alcune interviste non ha contatti con Sangiuliano da quando il Ministero, e non le opposizioni, ha trasmesso all’Agcom gli atti per sue presunte violazioni della legge sul conflitto d’interesse. Non la sottoscritta, non il Pd, non Il Fatto quotidiano, non Report, ma il Capo di gabinetto del ministero! Per non parlare delle forti pressioni che il sottosegretario sta ricevendo da quando è stata comunicata dalla Procura di Macerata - non dai giornali- la sua iscrizione nel registro degli indagati per autoriciclaggio di beni culturali. E da quando i Carabinieri del Comando di Tutela del beni culturali - non i giornali - che dipendono dal Ministero della Cultura, gli hanno sequestrato il dipinto al centro dell’inchiesta che lo vede indagato. Un dipinto che – se l’indagine sarà confermata – è stato rubato, deturpato, tagliato, modificato. A tal riguardo, nella mozione ricordiamo che Sangiuliano ha attribuito a Sgarbi, tra le altre, le “funzioni di sicurezza del patrimonio culturale”. Non spetta a noi deputati emettere sentenze e il procedimento penale dovrà fare il suo corso, consentendo al sottosegretario di difendersi, è però di tutta evidenza il valore politico di questo caso. Ed è per questo che, in piena libertà e nel rispetto dei regolamenti parlamentari, abbiamo presentato la mozione di sfiducia. Invece di prendersela con me e con il Parlamento, Sgarbi dovrebbe riflettere sul perché nessuno nella sua maggioranza e’ intervenuto lunedì in aula per difendere le sue ragioni. Non si parla di me. Ma di lui. E del suo ruolo. Per il resto, come diceva Oriana Fallaci, la vendetta è volgare come il rancore. Forse il sottosegretario, invece di usare certi toni sguaiati, attaccando in modo scomposto un'avversaria politica, potrebbe cominciare a difendersi e spiegare le ragioni dei fatti che gli vengono contestati.
In questo editoriale ospitato da “Domani” provo a riassumere un anno di attività del Ministro della Cultura, tra smantellamenti e altre azioni discutibili.
La scuola è il luogo della crescita, della relazione, dove si imparano a gestire conflitti e a stare insieme nella differenza. È luogo di crescita e sviluppo delle proprie risorse, non di esclusiva espiazione. È comunità di apprendimento, luogo di sviluppo dei valori di convivenza, democrazia, ascolto reciproco. Il mio articolo per L’Unitá

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